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4 chiacchiere con Giulia Busato

  • Immagine del redattore: Fabio Marino
    Fabio Marino
  • 16 dic 2021
  • Tempo di lettura: 7 min


Giulia è veneziana! Ha partecipato alla nona edizione di MasterChef Italia. Alle selezioni ha ricevuto il “grembiule grigio” firmato dallo chef Locatelli, che gli ha permesso di proseguire la sua corsa verso la masterclass!

Ha vinto l’Invention test: “Cucina di lago” ospite lo chef (una stella michelin) Davide Caranchini. Esce dalla masterclass con un ottimo ottavo posto!

CURIOSITA’: Giulia ha vinto 4 esterne su 5 fatte, sempre col grembiule rosso! Nell’ultima, da capitano, ha scelto il blu! Sconfitta ed eliminazione nel successivo pressure!

Ciao Giulia, presentati! Dove sei nata, dove hai vissuto da piccola e dove vivi adesso!

Sono nata in un paese nella ridente provincia di Venezia, Noale. In realtà un crocevia tra le provincie di Padova, Treviso e Venezia. Insomma humus ideale per le mie radici ibride. Ho vissuto qui la maggior parte della mia vita, fino ai 28 anni. Poi sono stata adottata dalla città di Treviso, dove in realtà avevo svolto anche tutti i miei studi e di cui mi ero già innamorata all’epoca; a Treviso ho vissuto fino allo scorso mese. Ora a grande richiesta – non è ancora dato sapere di chi 😅- c’è stato un ritorno a casa della figliola prodiga e godereccia e sono nuovamente a Noale.

La passione per la cucina, quando è nata?

La passione per la cucina non è nata con me, né potrei riferirla ad un episodio in particolare che possa far saltar in piedi sul divano il lettore e farlo gridare al miracolo. 😌 È stato un lento, costante e progressivo processo che ha fermentato dentro di me come un buon vino d’annata. Mangiare, quello sì, l’ho sempre amato davvero tanto, fin troppo e dai primi vagiti. La mia voglia di indipendenza e la necessità di mantenermi durante gli anni di università e durante il periodo di pratica forense e prima ancora al liceo, mi hanno obbligata a lavorare in vari locali come cameriera la sera e nel fine settimana; in quelle occasioni ho avuto modo di provare molte cose e molte altre sono andata a cercarle; insomma la mia curiosità verso il mondo ha fatto il resto. Ma la passione viscerale nei confronti del cibo ed i suoi sconfinati territori è diventata incontenibile solo una volta raggiunti i 30 anni. Da lì ogni mese che passava diventava sempre più impossibile da ignorare perché assorbiva ogni mio istante di vita.


Come mai hai deciso di partecipare a MasterChef Italia?

La partecipazione a Masterchef la devo soprattutto alla spinta e iniziativa di mia Moglie, Alessia; chi mi conosce sa quanto io poco ami essere al centro dell’attenzione ed avere una telecamera o un obiettivo puntati, di mio non avrei mai avuto l’ardire necessario. Così lei ha pensato bene di mettermi davanti ad iscrizione praticamente compiuta a cui mancava giusto il mio click. Candidatura che spedii senza tuttavia riporre alcuna speranza e quasi fuori tempo massimo, tanto l’avevo fatta sostare sul tavolo.

Locatelli è davvero una persona dotata di una grande umanità che spende nei riguardi di tutti indistintamente – però il suo sguardo talvolta fiero, talvolta di rimprovero è stato per me un riferimento e di conforto durante tutto il percorso

Hai ricevuto la firma dello chef Locatelli che ti ha permesso di proseguire. E’ stato uno stimolo oppure un peso lungo il tuo percorso?

La firma dello chef Locatelli è qualcosa che riguardando le puntate, ancora mi trasmette le stesse surreali emozioni di quel giorno. Roba da restarci secchi, come solo un colpo di calore in pieno luglio con 45 gradi all’ombra ed il 99% di umidità saprebbe fare (si vivo ahimè nella pianura padana!). Per una ragazzaccia, sempre così dannatamente insicura del suo valore come la sottoscritta, ha rappresentato un grosso boost motivazionale. Certo grande era anche la paura di deludere, forse doppia… un pò come quella che si può avere di deludere un genitore. Passami il paragone importante, Re Giorgio per me ha rappresentato un pò una figura paterna all’interno di quella selva oscura che è la gara senza esclusione di colpi della Masterclass. Non che abbia mai goduto di favoritismi o la sua mano sia stata più gentile nei miei confronti rispetto che con altri – Locatelli è davvero una persona dotata di una grande umanità che spende nei riguardi di tutti indistintamente – però il suo sguardo talvolta fiero, talvolta di rimprovero è stato per me un riferimento e di conforto durante tutto il percorso.

Il pesce in carpione, croce e delizia della tua esperienza a MasterChef. Hai vinto il tuo Invention test grazie ad una trota in carpione. Però, nel successivo “Pressure test”, sei stata eliminata proprio per un piatto di spaghetti con sgombro in carpione!!!

Già le acidità, che continuano ad essere croce, cruccio e delizia del mio percorso anche fuori dalla cucina di Masterchef. E’ una componente che amo trovare e ricreare un pò in tutta l’esperienza enogastronomica, se sapientemente dosata permette infatti di godere appieno di tutti gli altri sapori che vengono esaltati e rende ogni esperienza di gusto intrigante. Ma al tempo stesso rischia di compromettere ogni cosa se ci si sbilancia troppo e si è spericolati. Direi che la metafora è perfetta anche per riassumere quel doppio episodio che mi ha visto protagonista del canto del cigno, toccando il punto forse più alto del mio percorso dentro la Masterclass con la vittoria nella prova dello chef Caranchini (che stimo davvero tanto, il suo piatto era clamorosamente buono e geniale nell’armonia dei suoi elementi), per poi crollare davanti ad un piatto (bistellato) di spaghetti!! Io che son “na pastasciuttara” della prima ora, ancora non me lo perdono, ma lì hanno giocato tutto il fattore stanchezza – Masterchef è una maratona estenuante per i nervi ed il fisico – la solita maledetta ansia da prestazione ed il fattore tempo, che in un pressure test, ragazzi miei è davvero troppo troppo poco… Il piatto alla fine era pure bono!! Ne avevo colto il senso ed i sapori, ma troppa fretta, mancavano elementi che con la dovuta lucidità mentale ci sarebbe stato tutto il tempo di predisporre nel piatto. Ma alla fine è andata bene così, sono uscita con un amico e fratello li dentro, Davide, e sono uscita dopo aver oramai raggiunto il mio traguardo: la consapevolezza che la determinazione, la voglia, la curiosità, il sacrificio e l’umiltà sono la via che permette di raggiungere qualsiasi obiettivo, qualsiasi sogno, pur partendo sulla carta in svantaggio e di farlo puntando a migliorarsi giorno dopo giorno.











Alcuni momenti dell’avventura a MasterChef Italia!

Quali sono state le tue esperienze positive e negative nella masterclass? E con chi hai legato di più?

Di positivo c’è stato sicuramente il grande legame e la “famiglia” che si è creata lì dentro, malgrado le dinamiche del gioco. Rapporti che durano nel tempo. Con i “colleghi” di avventura ma anche con gli addetti ai lavori, redazione, cameraman, autori, chef di produzione etc etc. Tra i ragazzi ho legato molto con la mia Francesca, Marisa, Nicolò, Davide, Luciano, Domenico, Andrea. Ho passato bei momenti anche con Antonio, mio conterraneo; durante il primo anno di pandemia all’uscita dalla masterclass ho avuto piacevoli confronti anche con Maria Teresa malgrado durante la gara non ci sia stato modo di interagire più di tanto. Insomma io sono una da tarallucci e vino sempre e comunque, tanto vino… da buona veneta!! 🤟 Poi vabbè è già una roba così immensamente positiva essere arrivati lì che ogni tanto a pensarci ancora mi sembra impossibile. Qualcosa di buono significa che lo si è fatto no? Poi se ci metti una chicken pie che non dimenticherò mai, la vittoria schiacciante nella prima esterna della brigata degli “ultimi” versus i titani nonché favoriti in quelle risaie meravigliose e la vittoria nella cucina dell’Armani, decretata per mano del gota della critica gastronomica italiana, allora anche io mi devo rassegnare a tirarmi da sola qualche pacca compiaciuta sulla spalla. E “brava Giulia” cit. Vasco. Negativo? Tutto ciò che non ho fatto e dato per via della mia insicurezza e delle mie paure, che spesso fanno perdere la lucidità necessaria, ansia ed insicurezza vinte solo troppo tardi. Ma probabilmente così doveva andare.

Dopo MasterChef hai avuto diverse collaborazioni. Ho visto che hai anche cucinato su una storica barca a vela (Edipo Re). Che esperienza è stata?

Il dopo Masterchef è stato molto in salita ahimè, un pò per tutti. Come ben tragicamente sappiamo, due giorni dopo la finale il nostro paese e il mondo intero ha conosciuto il termine Pandemia troppo da vicino e questo ha colpito il mondo della ristorazione più di altri. Per cui non è stato facile lasciare il lavoro impiegatizio precedente per lanciarsi in un doppio salto nel buio. Il web è stato un pò la “Location” in cui ci si è potuti cimentare di più e che ha portato qualche soddisfazione. Ma la cucina non si fa davanti ad uno schermo. Di certo è arrivato tanto affetto e stima dalle persone che danno sempre grande coraggio e sono il carburante necessario per i sogni nel cassetto. Quest’anno tra le tante esperienze devo dire che quella di essere la resident chef a bordo della storica Edipo Re è stata quella più significativa. Quell’imbarcazione ha ospitato negli anni dei veri e propri simposi galleggianti a cui hanno partecipato artisti della scena nazionale ed internazionale (Pasolini, Callas) e solca le acque della città più bella del mondo. È davvero complicato cucinare su di una piccola imbarcazione a vela, cercando di offrire esperienze di fine dining in accordo ed armonia con ciò che circonda in quell’istante coloro che si vogliono regalare quell’esperienza unica nel suo genere, e all’inizio non è stato per nulla semplice. Mille insidie legate alla navigazione (tipo vento che ti spegne il fuoco!!!!) Ma alla fine mi son fatta le ossa, ho preso le misure e ho iniziato a godermi anche io, tra una padella e l’altra, la luce di quei tramonti infiniti di un’estate italiana. Devo dire che ho avuto grandissime soddisfazioni in quel contesto, dove ho potuto far provare la mia cucina senza compromessi e filtri agli ospiti di Edipo che si affidavano a me e all’equipaggio per l’intera giornata. Il tutto culminato con una cena evento al lido in occasione della giornata di chiusura della mostra del cinema di Venezia.











Cosa fai adesso e soprattutto quali sono i tuoi prossimi progetti?

Ad oggi mi definisco ancora una cuoca freelance, o come meglio piace dire a me, una cuoca nomade. All’attività di chef a domicilio si associano spesso collaborazioni con varie realtà e locali sempre molto interessanti e stimolanti. Poi di recente ho avuto la fortuna di poter approfondire le tematiche del pane a me tanto care, stando qualche settimana in compagnia dei ragazzi di Mamm ad Udine, bakery contemporanea che appartiene alla schiera dei Panificatori Agricoli Urbani e poi dal sommo maestro Longoni in quel di Milano, che non credo abbia bisogno di presentazioni. Per il futuro ci sono alcune collaborazioni importanti su cui ancora non mi sbilancio per scaramanzia, c’è la voglia di tornare su Edipo, e un pochino più in là, ma nemmeno troppo, l’idea di aprire uno spazio mio, una sorta di Bottega alimentare dove poter coniugare la mia passione per il pane vero, a cui darei un ruolo centrale, con una piccola cucina selvatica e attenta al vegetale e, certo, il tutto annaffiato da vino vero ed indomito e birre agricole, qualche rivista indipendente e un grande sorriso.













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